

Giuliano è stato abbandonato dalla moglie perché «lui e la noia sono una cosa sola». Per movimentare la propria esistenza, e quella dei suoi due figli troppo perfetti, si unisce a un gruppo di camperisti. Nella carovana c’è di tutto: vecchi pulmini Volkswagen, mezzi sovietici simili a carrarmati, roulotte con pizzi e merletti, e infine il Girolamo, un lussuoso prototipo albanese che Tito e Agnese, gli anziani e comunistissimi proprietari, dichiarano di avere vinto a una strana lotteria. Una scoperta inattesa nel freezer del veicolo trascina la comitiva in un’avventura piena di imprevisti e continui fuori rotta, di litigi e amori piú o meno consumati. Un’esperienza tenera e adrenalinica che, forse, legherà i suoi protagonisti per la vita.
Giovanni Ventimiglia è un pescatore, da tutta la vita raccoglie nelle sue reti acciughe e granchi, anche se negli ultimi anni il mare è diventato avaro e sulla sua piccola nave non ha più un equipaggio. Il pesce lo vende nel mercato di DF, un paesino aggrappato alla costa come tanti, con un parroco che fa la predica ma va a puttane, un sindaco che è padre di sindaco, un’emittente locale che scalda i cuori delle casalinghe con il suo conduttore brizzolato. Ma un giorno di marzo Giovanni attraccando al pontile trova un cadavere, un uomo che in ammollo dev’essere stato per giorni, un ragazzo non di quelle parti, forse dell’Est o del Sud, uno di colore comunque. E dopo di lui, i ritrovamenti di cadaveri sbiaditi dall’acqua, tutti giovani, tutti neri si susseguono, senza che le autorità locali riescano a trovare un filo, cumuli di cadaveri da seppellire, identificare, gestire. E da DF chiedono aiuto, ma da Roma prendono tempo, impongono accertamenti, tanto che, per non venire sommersi, i cittadini saranno costretti a escogitare un sistema per affrontare l’emergenza, e poi nel tempo trasformarla in profitto. Con uno sguardo che ricorda Saramago e Bolaño, Carnaio è un incubo di carne e soldi, la profezia di un mondo prossimo, in cui l’ultimo passo verso l’abisso è già alle nostre spalle.
Alle volte ci si ritrova nel mezzo: di due case, di più lingue. Nel mezzo di più vite, di decisioni ancora da prendere, di bisogni contrastanti. È qui che sta Matilde, maestra in pensione che si reinventa badante, alle prese con una parte di se stessa che credeva di non dover mai affrontare. I segreti sono spazi di intimità da preservare, nascondigli per azioni incoerenti, fughe, ma anche regali senza mittente per le persone che amiamo. Ma cosa resta di autentico nei rapporti quando si omette una parte di sé? Dove si sposta il confine tra sentimento e calcolo? Matilde lo scoprirà nel confronto con sua figlia, con l’ingegnere di cui si prende cura, con gli spaccati di vite sempre in bilico del quartiere di periferia in cui vive: ogni rapporto ci trasforma, in una dimensione di reciprocità che, attraverso l’altro, ci permette di valutare quanto, alla fine, siamo disposti a cedere di quella metà di noi.
Tommaso ha un’idea precisa della vita: si sveglia sempre alla stessa ora, compie gesti ordinati, puliti. Ha, nelle mani, la misura degli spazi e del tempo. Disprezza il caos, o meglio lo teme, come tutto ciò che non può controllare. Poi l’incontro, improvviso, con una donna drago, che di notte si esibisce per strada sputando fuoco dalla bocca, e di giorno custodisce le sue paure. Serviranno, a quest’uomo che sembra diretto da una voce venuta dal passato, un coraggio nuovo e una dolorosa dimenticanza per provare a vivere una storia d’amore che non sembrava più possibile. Un rapporto, quello con Elena, che a poco a poco gli insegnerà una lingua in grado di nominare – per la prima volta – un’emotività delicata e generosa. Ma l’amore, talvolta, chiede un pegno. È così che arriva un inciampo, un guasto. Una figlia, Nina, che tradisce ogni loro aspettativa, che non cresce come gli altri bambini, che non parla, che pare assemblata coi pezzi peggiori del padre e della madre. “Nel nostro fuoco” è la storia di un’incapacità ad accudire, di una paternità difettosa. Di un alfabeto emotivo da costruire attraverso i segni nascosti nelle pieghe di gesti ripetuti e sguardi incantati. Ma è anche la storia di una salvezza, dell’amore che ci mette al riparo.
Cascina Odessa è un satellite periferico di un Pianeta ancor più periferico che naviga placido ai margini della Via Lattea. Un mausoleo eretto sopra i resti di un cane, un microcosmo un tempo forse perfetto e ora malato della malattia della dispersione.


Regista e produttrice con la Marechiaro Film da lei fondata. Per il cinema ha diretto Una casa in bilico (1985), Matilda (1990), I racconti di Vittoria (1995), l’episodio Maruzzella del film collettivo I Vesuviani (1997) e Il resto di niente (2004). Negli ultimi anni si è dedicata al documentario e alla realizzazione del primo film partecipato prodotto in Italia, Il pranzo di Natale (2011), seguito poi da La pazza della porta accanto (2013), Let’s go (2014) e Oggi insieme domani anche (2015). La sua ultima opera, Il signor Rotpeter, è stata presentata al Festival di Venezia 2017.
Enzo Monteleone è nato a Padova. Comincia a occuparsi di cinema durante gli anni universitari come direttore del Centro Universitario Cinematografico e del cineclub CinemaUno di Padova. Si trasferisce a Roma e nel 1986 viene realizzata la sua prima sceneggiatura: Hotel Colonial una co-produzione Italia-Usa con Robert Duvall, John Savage, Rachel Ward e Massimo Troisi. Comincia quindi una collaborazione con Gabriele Salvatores per il quale scrive quattro film: Kamikazen, Marrakech Express, Mediterraneo (Oscar 1992 come miglior film straniero) e Puerto Escondido, campione di incassi della stagione '92-'93. Come sceneggiatore ha lavorato con i più interessanti registi della nuova generazione: Mazzacurati, Piccioni, D'Alatri, Sciarra e Cristina Comencini. Prima di passare alla regia ha scritto la sceneggiatura del film Dispara! del regista spagnolo Carlos Saura, con Antonio Banderas e Francesca Neri. Nel 1994 esordisce nella regia con La vera vita di Antonio H. “Nastro d’Argento” ad Alessandro Haber come attore protagonista, cui seguono Ormai è fatta! (1999) “Grolla d’oro” a Stefano Accorsi e quattro Nominations ai “David di Donatello”, El Alamein – la linea del fuoco (2002) vincitore di tre “David di Donatello”, due “Globi d’Oro”, un “Nastro d’Argento”. Nel 2004 dirige per la televisone Il tunnel della libertà un film in due parti con Kim Rossi Stuart premiata come miglior fiction dell’ anno e miglior produttore. Nel 2007 dirige sei puntate tv di Il capo dei Capi, cinquant’anni di storie di Mafia attraverso le vicende di Totò Riina, la serie di maggior successo dell’ anno.
Nel 2009 torna al cinema con Due partite una commedia tutta al femminile.
Il lavoro successivo è la mini-serie tv Walter Chiari – fino all’ultima risata che ripercorre la vita del famoso attore italiano. Premiato al Roma FictionFest come migliore regia, migliore sceneggiatura e miglior attore protagonista.
Nel 2015 realizza L’angelo di Sarajevo, tratto dal best seller di Franco di Mare “Non chiedere perché”, la drammatica storia di un giornalista che durante l’assedio di Sarajevo del 1992, decide di salvare una piccolo orfana. Il tv-movie trasmesso da RAI1 è stato il più grande successo dell’ anno con 7,5 milioni di spettatori e un’ audience del 27%.
Io non mi arrendo (2016) è la storia di Roberto Mancini, ispettore di polizia di Roma, che per primo nel 1995 scoprì i traffici della Camorra con i rifiuti tossici e il dramma della “terra dei fuochi”.
Nel 2018 con Duisburg - linea di sangue ricostruisce le vicende della faida di due famiglie della ‘ndrangheta calabrese di San Luca che fece scoprire le infiltrazioni mafiosa in Germania.
Ugo Chiti è nato a Tavarnelle Val di Pesa. E’ drammaturgo, regista teatrale, cinematografico e di opere liriche, sceneggiatore, e costumista, attivo già alla fine degli anni ‘60 in collaborazione con Pier’Alli; nel 1970 lascia il gruppo di ricerca Ouroboros per formare la compagnia Teatro in Piazza. L'abbandono del prestigioso gruppo di ricerca è motivata dalla volontà di sperimentare un proprio linguaggio espressivo che possa coniugare quella esperienza con i moduli della drammaturgia popolare. Da allora forma compagnie teatrali proprie (teatro Arkhè) e nel 1983 costituisce la Compagnia Arca Azzurra di cui diventa il dramaturg, curando anche tutte le regie degli spettacoli. La collaborazione tra Chiti e la Compagnia non è mai cessata: più di 30 gli spettacoli messi in scena e portati in tournée nei maggiori teatri italiani. Tra i più significativi i capitoli delle due trilogie “La terra e la memoria”: Allegretto (perbene…ma non troppo), La provincia di Jimmy, Paesaggio con figure e “La recita del popolo fantastico”, Il vangelo dei buffi, 4 bombe in tasca, I ragazzi di via della Scala, accanto ai quali vanno citati gli spettacoli In punta di cuore, Decameron – Variazioni, Emma (il ridicolo della vita), Visita a Kafka, Amleto in farsa tragedia, Genesi – i ribelli e Racconti, solo racconti. Nel 2007 con l’Arca Azzurra Teatro propone Decamerone - amori e sghignazzi liberamente tratto da alcune novelle dell’omonima opera del Boccaccio e vince la 49° edizione del Premio Riccione Teatro con Le conversazioni di Anna K. che ha debuttato nell’autunno del 2008 con Giuliana Lojodice protagonista. Nel 2010 con la compagnia mette in scena Mandragola di N. Machiavelli e nel 2011 lavora con Isa Danieli nell’allestimento di L’ABISSINA – Paesaggio con figure. É del 2013 l’allestimento di PINOCCHIO dall’opera omonima di Collodi con un suo personale adattamento drammaturgico nel rispetto del testo originale; nel 2014 affronta Il malato immaginario di Molière e nel 2016 L’Avaro con Alessandro Benvenuti nel ruolo di Arpagone. Si è cimentato anche con il teatro musicale, in particolare firmando la regia di L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti per il Teatro alla Scala di Milano (1998) e per L’italiana in Algeri di Rossini per il Teatro Sociale di Trento (2002). E’ lo sceneggiatore di film di Alessandro Benvenuti (Benvenuti a casa Gori, Zitti e Mosca, Caino e Caino, Belle al Bar, Ivo il tardivo e del nuovo film Ti spiace se bacio mamma), Francesco Nuti (Willy Signori, Donne con le gonne, Occhio Pinocchio), Giovanni Veronesi (Per amore solo per amore, David di Donatello per la migliore sceneggiatura, Silenzio si nasce, Manuale d’amore - nastro d’argento nel 2006), Vincenzo Salemme (Italians, Genitori e figli agitare bene prima dell’uso). Nel 2002 ha scritto con Matteo Garrone L’imbalsamatore, presentato a Cannes che ha vinto il David di Donatello per la migliore sceneggiatura. Negli anni 2006 e 2007 lavora a diverse sceneggiature tra cui Gomorra tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, che nel 2008 vince il Grand Prix a Cannes e il David di Donatello per la sceneggiatura nel 2009. Oltre agli impegni registici con l’Arca Azzurra ha messo in scena Margherita e il gallo di E. Erba con Maria Amelia Monti e La guerra dei Roses di W. Adler con Giancarlo Zanetti e Laura Lattuada. Nel 2012 il film Reality di Matteo Garrone di cui è sceneggiatore vince a Cannes il Grand Prix della Giuria. Nel 2015 collabora alla scrittura del fantasy Il racconto dei racconti - Tale of Tales regia di Matteo Garrone in concorso al Festival di Cannes 2015 e vince il Golden Globe come migliore sceneggiatura. Nel marzo 2017 vince il quarto David di Donatello della sua carriera per la sceneggiatura del film La stoffa dei sogni di Gianfranco Cabiddu: si tratta di un omaggio cinematografico a due dei più grandi maestri del teatro nazionale e internazionale De Filippo e Shakespeare.